“La soddisfazione più grande? L’abbraccio di chi aiuti, il sorriso di chi ti dice grazie. Piccoli gesti che valgono tutto.”
Antonio D’Emilio è un ex insegnante di matematica e scienze in pensione. Da oltre tre anni ha deciso di mettere il suo tempo libero al servizio degli altri, entrando a far parte della grande famiglia della Caritas di Avellino.
Oggi è uno dei volontari più attivi, sempre pronto a dare una mano dove serve, con discrezione, costanza e un sorriso che anticipa la disponibilità.

“Mi occupo soprattutto di accompagnare le persone in difficoltà: all’ASL, alla Città Ospedaliera, a fare delle visite. Sono servizi semplici in apparenza, ma che per molti diventano muri invalicabili a causa della burocrazia o della barriera linguistica.”
Le persone che incontra quotidianamente sono le più varie: migranti, profughi, italiani che vivono situazioni di grave fragilità. Uomini e donne segnati da storie difficili, dalla solitudine, dall’emarginazione. Non solo economica, ma anche sociale e culturale.
Antonio non si lascia abbattere. Ha imparato che, anche nei momenti più complicati, quello che conta è esserci: “Bisogna essere disponibili, sempre. Senza perdersi d’animo, anche quando ci si trova davanti a situazioni dure, che ti toccano nel profondo. Quello che cerco di fare è dare un po’ di me, senza aspettarmi nulla in cambio. Anche se, in fondo, la verità è che in cambio ricevo molto di più: un sorriso, un abbraccio, la gratitudine sincera di chi si sente visto, accolto, ascoltato.”
Nel suo racconto, emerge con forza una convinzione: aiutare gli altri è un’esperienza reciproca.
“Se dai qualcosa al prossimo, il prossimo dà qualcosa a te. E non parlo solo di gratitudine. C’è un rapporto umano che si crea, fatto di fiducia, che non ha bisogno di parole.”
Poi Antonio aggiunge un pensiero amaro ma lucido: “Ci sono ancora tanti pregiudizi, stereotipi. Si tende a pensare che chi si rivolge alla Caritas sia solo chi cerca un ‘favore’. Ma non è così. La Caritas è piena di parole, sì, ma anche di vite, di storie che chiedono solo ascolto e dignità. Persone che, senza questo luogo, resterebbero invisibili.”
Infine, un desiderio che è anche un sogno: “Sarebbe bello arrivare un giorno qui e non trovare nessuno. Vorrebbe dire che ce l’abbiamo fatta, che nessuno ha più bisogno di assistenza, che i muri dell’emarginazione sono caduti. Ma fino ad allora, resto qui. Perché ogni passo fatto insieme a chi soffre è un passo verso un mondo migliore.”