Eric Ceessy: da accolto ad accogliente, il viaggio di un mediatore culturale

“Ogni azione ha la sua reazione. Se ti comporti bene, la gente ti guarda e ti capisce. Ti aiuta. Dipende tutto da te.”

Eric Ceessy ha 48 anni, viene dalla Guinea e porta negli occhi la calma di chi ha attraversato molto, senza smarrire la propria direzione. Oggi lavora come mediatore culturale alla Caritas di Avellino. Un ruolo fondamentale, che gli permette di accogliere, ascoltare, accompagnare giovani migranti che si trovano spaesati, spesso soli, alle prese con permessi, difficoltà lavorative e fragilità familiari. Eric conosce bene quel senso di smarrimento, perché lo ha vissuto sulla sua pelle.

“In Guinea ho studiato il Corano, mio padre era contadino e mia madre lavorava in una farmacia. Quando sono arrivato in Italia, dieci anni fa, ho cominciato da zero. Prima a Foggia, poi ad Avellino. Il mio primo anno l’ho trascorso proprio alla Caritas, come ospite.”

Poi la svolta: Eric parte per cercare lavoro, ma dopo qualche tempo rientra ad Avellino. È lì che la sua storia cambia traiettoria: lavora come mediatore in un campo migranti con la cooperativa Percorsi, poi torna alla Caritas, questa volta però dall’altra parte del banco.

“Oggi accolgo i ragazzi che arrivano. Molti sono turbati, confusi. Non hanno il permesso di soggiorno, non trovano lavoro, hanno problemi in famiglia. Qui li ascolto, li aiuto a calmarsi, a ritrovare fiducia. È il dialogo la chiave di tutto.”

La sua giornata si divide tra il centro di accoglienza notturna e il supporto pratico a chi cerca un’occupazione. Una missione che Eric porta avanti con pazienza e dedizione, sapendo che ogni storia è diversa, ogni percorso richiede rispetto e tempo.

“C’è stato Keita, un ragazzo del Mali. Era agitato, senza documenti, senza lavoro. È rimasto con noi per un mese. Poi ha trovato lavoro in campagna. L’ho rincontrato ad Avellino qualche tempo fa: sereno, tranquillo. Vederlo così è stata la soddisfazione più grande.”

Eric parla di Avellino come di una seconda casa. Ne apprezza la tranquillità, la discrezione, l’umanità che si manifesta con piccoli gesti. “In dieci anni ho visto tanto. Qui la gente è tranquilla. Se ti comporti bene, ti rispettano. Ti aiutano. Questo è importante capirlo: tutto dipende da come ti poni. Ogni tua azione genera una reazione.”

Il suo ruolo non è solo quello di facilitare la comunicazione tra culture, ma anche di essere testimone vivente di ciò che può accadere quando si crede nella possibilità di un futuro diverso, fatto di dignità e reciprocità.

“La mia esperienza è un ponte. Sono passato per lo stesso cammino che oggi vedo percorrere da altri. E so che, anche nei momenti più difficili, se trovi qualcuno che ti ascolta, tutto può cambiare.”

Ogni volontario è una storia da raccontare.

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